Selezionare e produrre il proprio lievito direttamente in cantina: si può fare

Da un lato il desiderio di valorizzare la biodiversità microbica dei mosti legata al vigneto e alla cantina, dall’altro la necessità di gestire le fermentazioni in modo sicuro e controllato.

Come è possibile conciliare queste due esigenze?

A chiederselo sono stati i ricercatori dell’Università di Firenze e dello Spin Off Accademico Food Micro team che unendo le loro esperienze e competenze con il know how e la professionalità di Parsec hanno sviluppato My Yeast, un processo di selezione, conservazione, moltiplicazione e produzione del lievito direttamente in cantina, grazie alla tecnologia di Cellar Mate Plus My Yeast e My Yeast Reactor.

Il processo e il primo prototipo sono stati messi a punto qualche anno fa nell’ambito del progetto VICAStart, al quale hanno partecipato la cantina VI.C.A.S., Viticoltori delle Colline Arno e Sieve,  il Dipartimento GESAAF dell’Università di Firenze con il team di ricerca della professoressa Lisa Granchi della sezione di Scienze e Tecnologie Alimentari e Microbiologiche e quello del professor Alessandro Parenti della sezione di Ingegneria Agraria, Forestale e dei Biosistemi, Food MicroTeam srl e Parsec srl come partner tecnico.

Lieviti autoctoni di cantina

A spiegarci che cosa siano i lieviti autoctoni di cantina e come se ne valuti il contributo allo stile aziendale e alla qualità e peculiarità dei vini è Giacomo Buscioni, cofondatore e responsabile scientifico del settore enologico di Food Micro Team e tra i maggiori esperti italiani di ecologia microbica delle fermentazioni alcoliche. 

Nei nostri studi sull’ecologia delle popolazioni di Saccharomyces cerevisiae, nel corso degli anni e praticamente in tutte le aziende nelle quali abbiamo studiato le fermentazioni spontanee, abbiamo sempre verificato la presenza di ceppi dominanti – a volte uno solo altre volte due o tre e meno frequentemente in numero superiore – che riescono cioè a “dominare la fermentazione” di un’annata. Sono presenti, a volte, anche altri ceppi con frequenze di isolamento tra l’1 o il 2%

che per questo sono definiti “minoritari” e in grado di caratterizzarele fermentazioni in maniera molto meno significativa rispetto a quelli dominanti. Ripetendo queste osservazioni per più anni abbiamo anche constatato che alcuni di questi ceppi definiti “dominanti” si possono ripresentare in più vendemmie successive, per questo sono da considerarsi ricorrenti e quindi autoctoni della cantina”.

Esistono quindi alcuni lieviti caratteristici delle cantine e delle aziende che anno dopo anno concorrono alla tipicità e allo stile dei vini e che si potranno definire quindi come ceppi autoctoni aziendali o di cantina, ma da dove vengono?

Saccharomyces cerevisiae è presente sugli acini con popolazioni poco numerose ma non assenti e difatti alcuni gruppi di ricerca vanno a ricercarli proprio sulle uve. Noi abbiamo scelto invece di andarli a selezionare direttamente nei mosti, perché è l’isolamento in fermentazione quello che permetterà di selezionare i ceppi, indipendentemente dalla loro origine, in grado di dominare la fermentazione e di affermarsi come ricorrenti nei vini di una cantina.  

È infatti il processo stesso della fermentazione vinaria che seleziona i ceppi più adatti allo stile scelto per il vino che si desidera ottenere, a differenza di quanto potrebbe avvenire andando a saggiare le capacità tecnologiche delle popolazioni presenti sul grappolo, non ancora sottoposte alla spinta selettiva dell’ambiente di cantina e delle pratiche di vinificazione” continua il ricercatore fiorentino. 

Il primo passaggio svolto dai ricercatori di Food Micro Team è quindi quello di isolare in una fermentazione spontanea i ceppi presenti in fermentazione, caratterizzarli geneticamente e testarne le capacità metaboliche e tecnologiche. 

Se un’azienda vuole intraprendere questo percorso deve lasciare che almeno qualche vasca, di dimensioni paragonabili a quelle utilizzate normalmente, svolga la fermentazione in modo spontaneo gestendo tutti gli aspetti della vinificazione (nutrizione azotata, ossigenazioni, temperature, operazioni di movimentazione ecc.) in modo del tutto identico a quanto previsto dai protocolli normalmente utilizzati in cantina. Da queste vasche sono isolati i ceppi indigeni da sottoporre poi al processo di selezione. Tra i vantaggi di farsi una propria selezione c’è proprio il

fatto che l’azienda possa andare a individuare i ceppi con il miglior adattamento non solo alle caratteristiche dei propri mosti ma anche alle tecniche di vinificazione applicate: ad esempio se i mosti dell’Azienda in questione sono generalmente poveri di azoto si selezioneranno ceppi con bassi fabbisogni. Non è tanto la varietà dell’uva (che il lievito non può riconoscere) quanto piuttosto le caratteristiche chimico-fisiche del mosto che influiscono sul suo metabolismo così come la tipologia di vinificazione (temperatura o altre tecniche)”.

I ceppi dominanti così isolati durante la fermentazione sono quindi caratterizzati geneticamente per escludere quelli corrispondenti ai ceppi commerciali più diffusi eventualmente presenti nell’ambiente. I ceppi autoctoni della cantina che hanno dominato le fermentazioni spontanee dando prodotti di buona qualità passano allo step successivo di valutazione delle caratteristiche tecnologiche e dello stile organolettico ricercato. 

La verifica delle prestazioni del ceppo o dei ceppi selezionati in comparazione con i ceppi commerciali utilizzati dall’azienda, avviene nel corso della primavera successiva su mosto congelato stoccato dall’azienda, con la realizzazione di una serie di prove in piccolo presso la cantina sperimentale di Cantina Tuscania, partner del servizio MyYeast®.

La degustazione in questa fase è fondamentale ed è il momento in cui il produttore e l’enologo devono dire se i nuovi ceppi selezionati piacciono e soprattutto se rispondono allo stile che stanno ricercando come peculiare e unico per i vini della propria cantina.  Dalla vendemmia successiva quindi si può continuare con lo studio ecologico, cercando altri ceppi, o anche cominciare a utilizzare il ceppo

o i ceppi ritenuti positivi, singolarmente o eventualmente anche in mix, in modo da mimare quella che è una fermentazione spontanea con la possibilità anche di adattarsi meglio a possibili differenze nei mosti di partenza o nelle condizioni di fermentazione adottate dalla cantina” aggiunge Buscioni.

Ma il lavoro e la fase di sperimentazione all’interno dell’azienda non finiscono qui in quanto, come avviene ogni volta che si introducono nuove tecniche (e anche semplicemente quando si cambia il ceppo di lievito commerciale utilizzato), occorreranno uno o più anni di prove per capire le condizioni migliori di utilizzo e i protocolli più adatti per fare lavorare al meglio i nuovi ceppi. 

Occorre ottimizzare la nutrizione azotata, le temperature e naturalmente l’ossigeno che, nella gestione delle fermentazioni sia delle uve rosse sia di quelle bianche, deve essere considerato a tutti gli effetti un nutriente per il lievito. Questo infatti non solo si

moltiplica di più ma trovandosi in uno stato fisiologico a lui più favorevole si esprime diversamente anche nella produzione dei metaboliti secondari come ad esempio i composti aromatici“.

I lieviti scelti e selezionati da un’azienda sono di suo uso esclusivo e vengono depositati nella ceppoteca di Food Micro Bank che ne garantisce lo stoccaggio a -80°C, la conservazione e il mantenimento della purezza genetica e microbiologica. È da lì che sarà prelevato l’inoculo destinato alla produzione di lievito in pasta per ogni vendemmia. 

La produzione del lievito direttamente in cantina

La moltiplicazione della biomassa nelle condizioni fisiologiche più adatte a un avvio e a un decorso regolare e ottimale della fermentazione sono affidate a Cellar Mate Plus MyYeast, l’impianto reattore realizzato da Parsec per produrre il lievito direttamente in cantina, con caratteristiche di purezza e vitalità che rispondono a quelle previste dall’OIV. Il lievito può essere ridotto in pasta tramite un dispositivo aggiuntivo semiautomatico.

Ma quali caratteristiche deve avere il lievito al momento del suo inoculo?

La prima cosa è il numero: perché possano dominare sulle popolazioni già presenti le cellule del ceppo introdotto devono anzitutto essere numericamente prevalenti

e cioè essere introdotte con una popolazione superiore a 1-2 milioni di cellule per ogni ml di mosto” spiega Buscioni.

Rispetto alla produzione di lievito secco attivo, la produzione di lievito liquido o in pasta risulta più semplice e meno costosa e oltre a permettere di moltiplicare qualsiasi ceppo, indipendentemente dalla sua sensibilità all’essiccazione (alcuni non sono adatti a essere sottoposti a questo processo), non espone le cellule a uno stress inutile, non dovendo il lievito essere sottoposto a trasporti o a periodi lunghi di conservazione, come avviene per i lieviti secchi reperibili in commercio. 

Per le piccole produzioni del lievito aziendale, conservabili in condizioni di frigorifero per almeno due mesi dalla produzione, il lievito in pasta è sicuramente la soluzione più percorribile.

In un impianto per la produzione di un inoculo” aggiunge Giuseppe Floridia, CEO di Parsec, che ha seguito personalmente il progetto e la realizzazione dell’impianto “la difficoltà non sta nel fare in modo che i lieviti si moltiplichino – per delle cellule moltiplicarsi non è difficile, diciamo che se si moltiplicano stanno facendo il loro lavoro – ma gestire questa moltiplicazione in modo opportuno e con competenza. Nella messa a punto dell’impianto per la produzione e la preparazione del lievito, che è poi diventato CellarMate Plus MyYeast, si sono applicate le tecniche e le conoscenze scientifiche più avanzate, necessarie per realizzare un inoculo vitale ed efficiente, anche grazie al supporto prezioso degli specialisti di Food Micro Team.

Si sono ottimizzati i processi, individuando tutte quelle soluzioni operative necessarie affinché CellarMate Plus MyYeast risultasse una macchina adatta a essere utilizzata in modo semplice direttamente in cantina.  Per fare un esempio, che potrebbe sembrare un dettaglio ma che si è rivelato fondamentale, si è fatto in modo di far coincidere i tempi del ciclo di produzione con la giornata lavorativa degli addetti di cantina. Il processo, avviato alla mattina, si conclude cioè nello stesso giorno con la raccolta della biomassa prima della fine del turno di lavoro. E come questo molti altri dettagli sono risultati molto importanti, come l’assenza di resistenze di riscaldamento immerse nel mezzo o il metodo scelto per l’agitazione della massa”.

Particolare attenzione si è posta nella messa a punto della ricetta del mezzo di moltiplicazione, al dosaggio dei nutrienti, dell’ossigeno e degli zuccheri, alla giusta omogeneizzazione della massa e naturalmente ai cicli di lavaggio, che permettono di evitare la proliferazione di lieviti o batteri contaminanti.

Non si può pensare di produrre delle colture microbiche senza considerare in modo molto attento la pulizia e infatti nella macchina costruita da Parsec tutte le superfici sono lucide e perfettamente sanificabili e non sono presenti organi in movimento come ad esempio potrebbero essere delle pale difficilmente lavabili. I cicli di lavaggio sono automatici e sono estremamente importanti in quanto permettono, dopo ogni utilizzazione, di pulire e sanificare tutto, in modo da evitare che anche la più piccola contaminazione possa proliferare e diventare un grosso problema nei cicli successivi” spiega ancora Giacomo Buscioni “Le migliori condizioni di moltiplicazione per il lievito sono quelle nelle quali le cellule possono respirare e

di conseguenza particolare attenzione è stata posta al dosaggio e alla gestione dell’ossigeno. Ma Saccharomyces cerevisiae è un organismo Crabtree positivo (appartiene cioè a qual gruppo di microorganismi nei quali il metabolismo respiratorio risulta inibito da concentrazioni elevate di glucosio) e di conseguenza anche l’aggiunta degli zuccheri avviene con uno speciale dosaggio automatico nei tempi e nelle dosi necessarie per ogni fase del processo (così come avviene per l’aggiunta dei nutrienti azotati, steroli, vitamine e acidi grassi,  tutti prodotti per uso enologico facilmente reperibili e gestibili nel magazzino di una cantina).”

Utilizzare CellarMate Plus MyYeast in cantina

Come si utilizza quindi il reattore per la produzione del lievito? Giuseppe Floridia ci descrive il processo e le possibilità di utilizzo dell’impianto:

Per cominciare viene preparato il mezzo di partenza e si aggiunge il lievito, operazione che abbiamo scelto di fare manualmente in modo da evitare dosaggi o automatismi che possano essere fonte di inquinamento. A questo punto la macchina gestisce le successive operazioni e le aggiunte di zuccheri e nutrienti nei modi e nei tempi opportuni, in base all’obiettivo da raggiungere, con un processo standard o con una ricetta ottimizzata per ogni singolo ceppo (l’operazione iniziale di messa a punto si svolge con il supporto degli specialisti di Parsec e di Food Micro Team). Una volta che il sistema è a regime il processo è molto semplice e ripetitivo.  Il lievito può essere prodotto nelle settimane che precedono la vendemmia e conservato in frigorifero (se in pasta) o anche giornalmente per l’uso sulla produzione di uva raccolta di giorno in giorno. Uno degli aspetti positivi di prodursi da soli il lievito è legato proprio alla possibilità di fare dei programmi adattabili alla logistica, l’organizzazione della vendemmia e le

stime di produzione di uva della cantina. La macchina è estremamente versatile e può essere utilizzata oltre che nella produzione dell’inoculo, anche nella preparazione del “pied de cuve” per l’acclimatazione del lievito alle condizioni di fermentazione dei mosti o di rifermentazione nella produzione dei vini spumanti, tenendo tuttavia conto che il passaggio tra i due processi è estremamente delicato e deve sempre essere preceduto da una sanificazione e disinfezione estremamente attente di tutta l’attrezzatura. Le soluzioni migliori per evitare inquinamenti indesiderati nella moltiplicazione dell’inoculo sono di utilizzare due impianti, dedicandone uno alla moltiplicazione dell’inoculo in pasta e uno alla preparazione del “pied de cuve” o in alternativa di separare temporalmente i due processi producendo il lievito per tutte le fasi della vendemmia e successivamente utilizzando CellarMate per la preparazione di “pied de cuve” perfettamente adattati alle condizioni del vino”.

CellarMate Plus My Yeast e My Yeast Reactor fanno parte della gamma CellarMate di Parsec.

Gli specialisti di Parsec, leader internazionale nella gestione dei processi enologici, hanno unito le competenze ingegneristiche ed enologiche e la conoscenza della fisiologia e  della biologia dei lieviti, per soddisfare, con modelli specifici o multifunzionali, tutte le esigenze di reidratazione, moltiplicazione e acclimatazione del lievito non solo per la fermentazione ma anche per la rifermentazione di mosti e vini.

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